Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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iREVOCARE, REVOCARE, REVOCARE. CONSIGLIO DI STATO N. 7478/202
di Angelo Vicari

Per l’uomo della strada sembra plausibile ci sia un ordine di scuderia, da parte del Ministero dell’Interno, diretto agli uffici periferici, per cercare di eliminare il più possibile la detenzione di armi.
Tale ipotesi sembra trovare riscontro nelle diverse sentenze del giudice amministrativo, emanate in questi ultimi tempi, in merito all’applicazione, più o meno legittima, dell’art. 39 del T.U.L.P.S., sul divieto di detenzione di armi.
A tal proposito ci preme evidenziare la recente sentenza del Consiglio di Sato n. 7478, dell’8 giugno 2023, attivato non dal diretto interessato, ma dallo stesso Ministero, che ha presentato ricorso per la riforma della sentenza del T.A.R Emilia Romagna, che aveva accolto il ricorso di una guardia giurata, alla quale erano stati revocati il decreto per l’esercizio dell’attività lavorativa e la licenza del porto di pistola, con l’ulteriore applicazione del divieto di detenere armi.
 A fronte di tali rigorosi provvedimenti, a maggior ragione se adottati nei confronti di una guardia giurata, con la conseguenta di perdita del lavoro, viene spontaneo pensare che l’interessato abbia commesso chissà che cosa per meritarsi tali strali della Prefettura. Purtroppo, si è solo reso responsabile, se di responsabilità si può parlare, di aver contratto una malattia che gli ha comportato problemi temporanei alla vista, con inidoneità assoluta e temporanea, per un periodo di tre mesi, prorogati a sei, all’uso delle armi, come certificato dalla A.U.S.L. locale.
Da maledetti toscani diremmo che la vicenda sofferta dalla guardia giurata rientra a pieno titolo nel detto becco e bastonato!...
Infatti, non solo l’interessato si è trovato colpito, senza alcuna colpa, da una malattia, seppur temporanea, ma anche raggiunto da provvedimenti  a dir poco punitivi, perché una malattia temporanea agli occhi non può giustificare un divieto di detenzione armi, che anche un cieco può detenere, se è sano di mente.. Ma quando mai la PS (e la legge) si è preoccupata di controllare se il titolare di una licenza si ammala in corso della sua validità?
Si può capire e giustificare la revoca della licenza di porto di pistola, anche se poteva essere solo sospesa, in attesa della guarigione, essendo stata certificata la patologia come temporanea.
Invece, non si può comprendere, né giustificare, la revoca del decreto di guardia giurata, stante la possibilità di impiego in attività esclusivamente burocratiche, compatibili con la sua temporanea patologia. Tale eccesso di zelo della Prefettura è stato successivamente rilevato anche dalla stessa che ha provveduto alla revoca del provvedimento.
A maggior ragione, non si può comprendere, né giustificare, l’applicazione del divieto di detenere armi, evidenziato che la patologia temporanea nulla aveva a che vedere  con alterazioni neurologiche, crisi comiziali, disturbi mentali, di personalità o comportamentali (art. 2 D.M. Sanità 28 aprile 1998).
Ci fa piacere constatare che questi dubbi dell’uomo della strada abbiano trovato riscontro nelle sentenze in commento.
Infatti il T.A.R. ha accolto il ricorso della guardia giurata, annullando i provvedimenti della Prefettura, stante la temporanea inabilità all’uso delle armi, in assenza di ulteriori elementi sintomatici di inaffidabilità, sarebbe dovuta discendere la mera sospensione, in luogo del ritiro, della licenza (di porto) e che il divieto di detenzione sarebbe ingiustificato perché la momentanea patologia della vista non avrebbe pregiudicato la capacità della ricorrente di custodire l’arma presso la propria abitazione.
Chiarissimo! Anche l’uomo della strada capisce che la Prefettura ha abusato della sua potestà discrezionale.
Purtroppo ciò non è stato chiarissimo per il Ministero, che ha deciso di ricorrere al Consiglio di Stato, con esigue motivazioni in fatto e in diritto: sia mai che al cittadino possa essergli riconosciuto che può avere anche ragione !....
Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso, dichiarandolo infondato, condividendo quanto ritenuto e deciso da T.A.R..
Infatti, saggiamente, ha preliminarmente disposto un accertamento medico presso il Policlinico militare il Celio di Roma, da cui è emerso che la patologia si è risolta favorevolmente con un completo recupero delle capacità visive. Pertanto, il Consiglio di stato ha ritenuto illegittimi i provvedimenti della Prefettura per violazione del principio di proporzionalità e delle norme in materia di divieto di detenzione armi e revoca del porto di pistola, in particolare per l’applicazione del divieto di detenzione di armi non potendo la patologia che era stata diagnosticata inficiarne la capacità di intendere e di volere.
Conclude lo stesso Giudice che invero, i principi di proporzionalità e ragionevolezza, anche in materia di armi, postulano che l’esercizio del pubblico potere, nel perseguimento dei fini stabiliti dal legislatore, si mantenga nei limiti necessari al raggiungimento dei suoi obiettivi.
Purtroppo, anche in questo caso, la decisione finale è che sussistono i motivi per la compensazione delle spese, per cui la guardia giurata ha ragione, ma deve pagarsi l’avvocato e le spese processuali (come dire, non più becco, ma solo bastonato).
Pensierino finale dell’uomo della strada: fino a quando i funzionari dello Stato responsabili di atti illegittimi, riconosciuti con sentenza definitiva, non vedranno decurtato dal loro stipendio la somma per l’ingiusto danno provocato al cittadino, è inutile parlare dei principi di proporzionalità e ragionevolezza dei provvedimenti amministrativi.

Firenze 7 agosto 2023                                                   ANGELO VICARI  

 

Considerazione di E. Mori
È esperienza quotidiana che il nefando comportamento della burocrazia, provoca ad un cittadino danni enormi per pura imbecillità e/o malafede di troppi incapaci o prepotenti; ai giudici del CdS neppure viene in mente che costringere un cittadino a sostenere un danno ingiusto è contrario ai diritti umani e alla Costituzione, ma continuano imperterriti a sparare sentenze che spesso rimangono sulla carta; un poveretto che ha subito torti dalla burocrazia o dalla giustizia, che magari ha perso un  lavoro che non ritroverà più, si sente dar ragione, ma non ha neppure la soddisfazione di vedersi rimborsare le spese legali e di sapere che nel fascicolo personale del funzionario responsabile (ma sono sempre più di uno, come nel caso in esame) abbiano scritto "attenzione questo funzionario pubblico è un cretino, assolutamente non idoneo a prendere decisioni".
Sarebbe veramente auspicabile che fra le tante associazioni che proclamano di difendere i cittadini, fra tanti garanti, difensori e ombudsman, ce ne fosse qualcuno che si prenda a cuore il destino di queste vittime del sistema e li aiuti ad ottenere il risarcimento del danno. E sarebbe auspicabile una norma di legge che faccia obbligo al Consiglio di Stato, che non è un ente di assistenza dei funzionari incapaci o malevoli, di condannare la pubblica amministrazione al pagamento delle spese di giustizia.
Purtroppo si mormora che la possibilità di compensare le spese per chi risulta vittorioso è stata conservata al CdS perché si teme che si mettano a respingere richieste sacrosante, pur di non condannare lo Stato a pagare un po' di spese! Evviva lo Stato di Diritto!
Edoardo Mori

 


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